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PESARO - "Un buco normativo che mette al bando l’inclusione, lede i diritti civili, pone rischi per il rifugiato e per la sicurezza sociale, rischia di diventare un onere sociale ed economico per i Comuni e pregiudica la dovuta continuità tra i vari livelli di accoglienza e integrazione». Con queste parole l’assessore alle Politiche sociali Luca Pandolfi ha espresso la sua preoccupazione riguardo alle «falle del d.lgs. n.142 del 2015, che rischia oggi di mettere in strada decine di persone dopo il riconoscimento della protezione internazionale, negando loro il tempo necessario per essere inseriti nell’accoglienza e con ripercussioni sulla rete sociale e sanitaria del territorio".
Il tema è emerso nelle ultime settimane a causa di «una diversa interpretazione». Secondo Pandolfi, "A distanza di 10 anni dal decreto di attuazione della direttiva 2013/33/UE, il Ministero dell’Interno sta intervenendo con i titolari dell’accoglienza nei territori provinciali della regione, indicando un diverso modo di procedere rispetto a quanto in precedenza; un cambio di rotta che lede i diritti civili dei rifugiati e pregiudica la sicurezza sociale".
L’assessore ha poi spiegato nel dettaglio la situazione: «I titolari della prima accoglienza nei Centri (Cas) sono stati sollecitati dal Ministero all’interruzione dell’accoglienza dei migranti al momento della notifica del riconoscimento della protezione internazionale (o all’esito del contenzioso) – ha continuato Pandolfi - Un “termine ultimo” che però non coincide con quello dell’inserimento della persona nel Sistema Accoglienza Integrazione (SAI), la seconda accoglienza quella integrata, che secondo le indicazioni Ministeriali stesse prevede progetti di inserimento socio-economico, formazione, assistenza ed orientamento».
Pandolfi ha sottolineato il «vulnus normativo»: "I rifugiati, dopo mesi di attesa per il riconoscimento dello status, una volta ottenuto devono essere allontanati dai Cas per ritrovarsi senza abitazione, mezzi di sussistenza, rete sociale o riferimento istituzionale in attesa di essere inseriti nei programmi del SAI. Questo periodo di attesa, dovuto a problemi burocratici e alla nuova organizzazione dell’accoglienza voluta dal Governo, può durare settimane e pregiudica la dovuta continuità tra i vari livelli di accoglienza e integrazione sociale, comportando rischi sia per la persona che per la sicurezza sociale delle comunità locali".
"Parliamo della vita di persone alle quali lo Stato riconosce il diritto di stare nel nostro territorio all’interno di un progetto finanziato dal Governo, ma che rischiano di essere sfrattate nonostante siano titolari di diritti fondamentali e inviolabili, trasformandosi in "senza fissa dimora", abbandonate per strada. Un’emergenza generata dalla mancanza di una regia nazionale e di un progetto di accoglienza che vorranno sicuramente scaricare sulle spalle delle amministrazioni locali, già messe alla prova dai continui tagli del Governo centrale".
Pandolfi si è rivolto "a tutte le istituzioni e forze politiche, tra cui Anci, chiedendo di segnalare al Ministero dell’Interno le falle della nuova interpretazione. È nostro dovere segnalare con fermezza la necessità di un serio progetto di accoglienza per il nostro Paese e non subire una situazione che rischia di gettare in strada persone senza un futuro, favorendo l’illegalità e incrementando l’insicurezza nei territori, scaricando i costi economici e sociali sulle amministrazioni locali".
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